AL ROTARY MARIO RICCO NON HA RITENUTO SOSTENIBILE L’IBRIDO NELLA MOBILITA’ NE’ L’ELETTRICO NE’ L’IDROGENO
13 OTTOBRE 2022
“Ci sono varie forme di mobilità che dovrebbero sostituire quella degli attuali motori endotermici – ha esordito il presidente del Rotary club Putignano Trulli e Grotte, Francesco Mercieri, nell’avviare l’incontro con il dott. Mario Ricco, più noto come “l’inventore del “common rail” – ed è stata anche fissata la data del 2035 per la produzione soltanto di motori che inquinino di meno. Elettrico, ad idrogeno… cerchiamo di capire dove stiamo andando”. L’incontro, data la sua valenza informativa, è stato trasmesso anche in diretta Facebook. Ad esso hanno partecipato anche altri club Rotary come quello di Gioia del Colle ed Acquaviva, di Altamura e Gravina, di Rutigliano e di Bari Alto. Mario Ricco, laurea in fisica presso l’università di Bari, laurea honoris causa” in ingegneria meccanica ricevuta dall’università di Perugia; attività di ricerca presso Pignone Sud di Bari; attività di sperimentazione presso Altecna/Weber/Marelli per apparati frenanti e sistemi di iniezione diesel; nel 1988 responsabile del Centro di ricerche Elasis di Modugno per lo sviluppo di impianti di iniezione innovativi per motori diesel e sviluppo ed industrializzazione del sistema “common rail” per Fiat, Mercedes, BMW, Audi, PSA… Poi a Valenzano al centro ricerche CRF per sistemi di alimentazione innovativi a propano e gas naturale; studio dello sviluppo del sistema Multijet I e II; dal 2014 direttore generale del distretto MEDIS; dal 2016 responsabile “Digital Innovation Hub Puglia” e dal 2019 consulente di tecnologie per sistemi di elettrificazione veicoli.
Il dr. Ricco, partendo dal concetto che la mobilità la determina il mercato e che tutte le modifiche che sono state apportate ai motori dagli anni ottanta sono state finalizzate alle richieste di vendita, ha affermato che il problema dell’inquinamento è sorto oltreoceano, negli USA, negli anni ottanta e da allora le case automobilistiche hanno cercato la soluzione, senza rinunciare alla grandezza, alla velocità ed ai cavalli delle auto, montando filtri finali, catalizzatori ed altri dispositivi per “pulire” le emissioni; iniziando così, ad escogitare soluzioni irrazionali piuttosto che produzioni razionali e facendo diventare le macchine “strumento di psicoterapia” prima ancora che strumento di trasporto. Infatti, secondo Ricco, si desidera l’auto con tanti accessori e dal volume e dal peso spropositato, anche per accompagnare i figli alla scuola vicina e poi si pretende che dal tubo di scarico escano… fiori. Per cui i consumatori, presi dai dubbi, hanno preferito cambiare l’auto (“che, con una dignitosa manutenzione, può durare quindici anni”) per acquistarne una nuova, ultimo modello, con soluzioni più moderne. Il problema delle emissioni nocive è stato colto subito dalle case automobilistiche che si sono adoperate il meglio possibile, pena la mancata vendita; nocive sia per la salute umana che per l’ambiente che ci circonda, dato che perfino la coltre di ozono che ci ripara dalle radiazioni celesti e che ha permesso la vita sulla terra, oggi “sembra bucata”. L’ONU ha fatto proprio il problema, ha promosso vari incontri, tra cui l’ultimo di Parigi del 2015 in cui si è stabilito un obiettivo firmato da ben 170 paesi di tutto il mondo: quello di limitare l’aumento medio della temperatura globale entro il 2030 ad un grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali. Purtroppo, sempre secondo Ricco, i principali emettitori di CO2 sono la Cina, gli USA, l’India, la Russia ed il Brasile (ma anche Sud Africa, Giappone e Regno Unito). Le venticinque più grandi città del mondo producono da sole il 52% delle emissioni di gas serra globali. Tra le varie emissioni inquinanti ed i vari gas serra il più citato è l’anidride carbonica, che rappresenta oltre il 75% delle emissioni causate dall’uomo ed è il principale responsabile dell’aumento della temperature sul pianeta. Il principale settore delle emissioni di gas serra è la produzione di elettricità, 25% (seguita dal 24% di agricoltura, 21% di industria e 14% di trasporti), che è distribuita per il 31% per usi residenziali e commerciali, per il 30% per l’industria e per il 29% per i mezzi di trasporto. Di questi ultimi emettono gas serra il 2% i treni, il 3% le navi ed i battelli, il 9% gli aerei, il 23 % i camion ed il ben 59 % i veicoli leggeri. Se sette anni fa a Parigi è stato fissato un limite di non più di un grado e mezzo da superare, l’ 1,25% lo abbiamo già raggiunto anche perché moltissimi alberi nella foresta amazzonica (ed un po’ dovunque) sono stati abbattuti (proprio quelli che assorbono CO2 e lo trasformano in ossigeno). I gas serra – ha affermato il dr. Ricco – non hanno cittadinanza, per cui quelli prodotti in un luogo, dopo pochi giorni possono ritrovarsi in un altro opposto, per cui serve la collaborazione di tutti i cittadini del pondo. Ma qui il relatore si è detto entrare in crisi perché tra incidenti (la rottura dei gasdotti Nord Stream 2 ed 1 ha emesso in atmosfera milioni di metri cubi di gas metano che è ancora più diabolico dell’anidride carbonica) e guerre (in Ucraina ma anche quelle meno evidenti di tutta l’Africa, nelle quali non si può stare ad imputare ad alcuno l’enorme inquinamento prodotto dalle armi), i Paesi più “sporcaccioni” del mondo, che sono anche i più popolosi, risultano essere la Cina (dove la stragrande maggioranza della popolazione vive in condizioni precarie nelle risaie), l’India (dove i più vivono delle briciole che avanzano dai centri delle metropoli) e gli USA (che stanno bene e per questo, egoisticamente, non vogliono rinunciare al proprio benessere). E’ difficile metterli d’accordo e far loro rispettare gli obiettivi di Parigi. Per quanto riguarda la mobilità, il ragionamento di Mario Ricco e delle case automobilistiche è che, se le auto inquinano, trasformiamo il loro motore da autocombustione ad elettrico. Anche perché oggi le emissioni di CO2 della produzione di elettricità e dei gas delle auto sono quasi pari. I paesi scandinavi hanno investito molto sulla elettrificazione dei trasporti, ma la loro economia – ha fatto notare Ricco – è fondamentalmente basata sulla vendita di combustibili fossili. Se trasformassimo tutte le auto in elettriche, aumenterebbe notevolmente il consumo di energia elettrica. Questa, che in Italia viene prodotta per il 30% da fonti rinnovabili, altrove, come in Germania, viene prodotta con il carbone. “Il metodo di produrre energia elettrica bruciando carbone è il modo più osceno che esista” ha sentenziato Ricco. Trasformare le auto in “full electric” oggi è tecnicamente possibile perché le “tecnologie abilitanti” permettono di raggiungere obiettivi una volta impossibile. Ma il problema è come produrre elettricità “in maniera pianificata ed a livello progettuale” e chi ne “pagherà le conseguenze”. Andare in giro con auto elettriche vuol dire – secondo Ricco – spostare le emissioni di CO2 dai trasporti alla produzione di elettricità. In più oggi si tende a far scomparire la CO2 da essa generata. spalmandola subdolamente sul settore dei trasporti, su quello delle industrie, sull’agricoltura e financo sulle residenze domestiche. Pertanto “io ritengo che la situazione la si peggiori, piuttosto che migliorarla. Io non sono “attaccato” al diesel, perché da venti anni mi sono occupato di propano, di metano, di gas liquefatto a bordo, di elettrico ed ora di idrogeno. Ma ci rendiamo conto che per le auto elettriche non è sufficiente la rete infrastrutturale, la quale, nei momenti di picchi di consumo fa scattare enormi gruppi elettrogeni che sono alimentati a combustione fossile? Se comprando un’auto elettrica si contribuisse a migliorare la situazione, lo si farebbe prestissimo. Ma a peggiorarla, no”. Poi c’è la farsa degli incentivi a comprare un’auto elettrica che, secondo Ricco – soldi non sono che provenienti dalle tasse di tutti noi. Infatti, per come è prodotta l’energia elettrica ora, essi non risolvono il problema. L’ultima farsa poi, è l’architettura delle macchine ibride. Ricco ha informato che su di esse c’è un motore a combustione interna, un motore elettrico, delle batterie e soprattutto uno scatolotto che volgarmente viene chiamato “inverter”. Che elettrico può essere solo l’avviamento, oppure l’intero asse elettrico oppure, come soluzione intermedia, il motore nel cambio, oppure prima della frizione o dopo: in conclusione, sono soldi spesi in più, secondo Ricco. Il quale ha anche affermato che oggi, se si possiede già un’auto, volendola cambiare, la stessa la si potrebbe acquistare con l’asse elettrico alle ruote di dietro; però essa costa migliaia di euro in più e ha molto peso in più per cui è difficile convincerlo sulla convenienza o sulla opportunità. Infine, oggi si è messo anche il legislatore che – ha affermato Ricco – nella misura dei consumi in una macchina che ha a bordo un “qualcosa di elettrico”, non tiene conto dei consumi del motore a combustione interna ma solo di quelli della batteria che “miracolosamente la notte si carica” senza alcun consumo di elettricità e quindi senza emissioni di CO2. Quindi “ci si sente veramente presi in giro”. “Forse il motore elettrico, per principio, nel modo intermittente di procedere, è sicuramente più conveniente di quello a combustione interna. Se prima era il mercato che premiava, con le maggiori o minori vendite, le soluzioni studiate dai costruttori, ora è il legislatore con questo tipo di teoria”. Quindi egli si è detto non “distruttivo a tutti i costi” ma ha voluto sensibilizzare che la discussione sulla convenienza non è gratuita perché il settore dell’automotive negli ultimi 60 anni ha rappresentato un settore di una grandissima valenza economica nel mondo. Anche perché cambiare tecnologia non è uno scherzo o indolore, ma ha risvolti traumatici, tragici perché vuol dire mandare a casa migliaia di lavoratori, soprattutto quelli a “basso profilo” per i quali non sono sufficienti i famosi corsi semestrali di riconversione. Inoltre le delocalizzazioni cambiano, cambia la geografia della produzione perché è più conveniente, nel caso del contenitore di batterie molto pesante, impiantare una fabbrica vicino al luogo della sua produzione. “L’auto elettrica non è da demonizzare perché, dal punto di vista ingegneristico, rispetto ad una tradizionale, essa è un qualcosa di elegante, senza frizione, senza cambio, con funzionamento da zero giri fino al massimo consentito a progetto, silenziosa”. Ma occorre energia elettrica per caricare le batterie; la quale si può anche produrla a bordo. Per quest’ultimo caso la tecnologia è pronta, avendo in passato, per uso aerospaziale, inventato le “celle carburante”. Si utilizza l’idrogeno che si trasforma in acqua ed elettricità; il problema è che “l’idrogeno occorre caricarlo sull’auto: esso è molto pericoloso perché inodore e senza fiamma ed ha bisogno di una specie di recipiente ad altissima pressione (almeno 700/800 bar) per la sua trasformazione, che può scoppiare con gravi danni”. Senza considerare l’enorme difficolta di creare una infrastruttura per la sua distribuzione, tanto è vero che esso oggi viene trasportato con grave pericolo. In conclusione, secondo Ricco – “queste alternative al motore a combustione interna, non si escludono le une l’altro ma, nei diversi ambiti applicativi, possono convivere; come nel caso di utilizzo urbano, con limitata autonomia, con poche batterie. Ma dal costo decisamente elevato. “C’è anche il problema della minore sicurezza di queste auto rispetto a quelle tradizionali e poi bisogna anche considerare la difficoltà delle riparazioni, non essendoci oggi officine realmente competenti”. Comunque l’auto, come è usata oggi, secondo Ricco, non dura; essa è uno strumento di psicoterapia; perchè andare al mercato o accompagnare i figli a scuola con un’auto che pesa tantissimo, che è veloce, capiente di persone e di bagagli, non è comprensibile. Secondo Ricco, è duro a morire il “senso di proprietà”. Considerando che oggi il coefficiente di utilizzo di un’auto è incredibilmente basso, le nuove forme di accesso all’auto sono quelle del “noleggio”. “Dobbiamo far cambiare missione all’auto. Non ha più senso andare a Milano con l’auto. Più conveniente sotto tutti i punti di vista andare in treno e poi prendere una macchina a noleggio. Domani per andare a teatro, portare i figli a scuola, andare in vacanza… posso chiamare, arriva l’auto, mi serve, pago e non ho più problemi, Per cui la discussione su auto a benzina, diesel, elettrica… a livello personale e privato, non ha più ragione di esistere. Meglio incrementare il trasporto ferroviario ad alta velocità che è decisamente meno inquinante e più sostenibile ed in genere quello pubblico e collettivo e sviluppare e facilitare il noleggio come prima detto”.
Pietro Gonnella
